La vita nel Municipium di Compsa

Il municipium: le magistrature

La documentazione epigrafica, per lo più di età imperiale, costituisce la fonte principale per risalire all’ordinamento municipale, regolato dalla legge Giulia. Oltre agli obblighi (munera) verso il potere centrale, essa disponeva il potere, la carriera (cursus honorum) e la divisione dei cittadini in tre classi: decurioni, augustali (ceto medio) e plebe.

L’organo politico più importante era l’ordine dei decurioni che rappresentava il senato locale, i cui membri erano designati a vita in base al curricolo, al censo ed al prestigio sociale.

Svolgeva funzioni consultive, deliberative e fiscali, e alcuni loro atti trovano riscontro nelle iscrizioni onorarie.

Ad esempio su un’epigrafe incisa su un piedistallo lapideo rinvenuto nel foro, che in origine reggeva una statua in onore del divino Costantino, si legge LDDD (locus datus decreto decurionum “luogo concesso per decreto dei decurioni”).

I cittadini con diritto di voto, vale a dire abili alla leva, riuniti nei comizi eleggevano un collegio di quattro magistrati supremi, i quattuorviri: i primi due esercitavano la giurisdizione, gli altri due, chiamati aediles (“edili”) si occupavano di ordine pubblico, di edilizia, di feste e di spettacoli. Sempre un’iscrizione ci ricorda l’opera e ci consegna il nome di un edile, Caio Umbrio Eudrasto Fortunato, responsabile della mensa ponderaria, che provvide a sue spese a ripristinare pesi e misure secondo le leggi della città.

Il Senato sceglieva uno o due magistrati detti “quinquennali”, esponenti delle famiglie più illustri (Antisti, Bebi, Mindi) che appunto ogni cinque anni dovevano effettuare il censimento.

Di altre cariche abbiamo notizia sempre dalle epigrafi di età imperiale: c’era il quaestor pecuniae publicae (che amministrava il denaro pubblico); il quaestor alimentorum (che provvedeva alle elargizioni che o da parte dell’imperatore o di privati venivano erogate a favore degli indigenti); i patroni (che in pratica mediavano tra potere centrale e periferico), appartenenti a famiglie facoltose, spesso benefattori che, anche per incrementare il loro prestigio e il loro consenso, finanziavano opere pubbliche (è il caso di Quinto Antistio e di suo figlio Lucio Antistio Paolo, celebrati su epigrafi rispettivamente per la pavimentazione del foro e per l’ingresso monumentale)