La vita nel Municipium di Compsa

Dai Sanniti ai Romani

Come afferma lo storiografo di età augustea Livio, i Sanniti vivevano in villaggi sparsi sui monti, proprio come gli Irpini. Livio scrive più volte che i Sanniti vivevano vicatim, cioè per nuclei abitativi disseminati nel territorio; isolati ma pronti a compattarsi quando ce n’era bisogno. La divisione in villaggi si rifaceva alla cifra antropologica degli Irpini, una popolazione libera e forte come il suo animale totem, il lupo (hirpus-lupus).

I vici insieme facevano capo ai pagi, distretti rurali che a loro volta costituivano un touto, un’istituzione tipicamente italica guidata da un capo (meddix tuticus).

Il pagus di Compsa si presume che avesse una notevole estensione, verso la Lucania e verso le Daunia, collegato dalla valle ofantina; rientrava al suo interno anche il santuario di Mefite: si può pensare che fosse, quindi, un centro amministrativo (touto).

Con l’arrivo dei Romani il territorio venne riorganizzato, inizialmente in latifondi, fra la riforma dei Gracchi e la guerra sociale, e successivamente in municipium, con un’organizzazione più articolata e rigorosa.

Dal pagus ad un’arx funzionale

Il foro: ricostruzione ipotetica dei templi di età imperiale
in "Compsa tra Irpini e Romani", V. Di Giovanni

L’originario habitat paganico-vicano si distinse infatti in centro abitato e campagna. Sull’arx si concentrò la plebe urbana con le magistrature, invece la plebe rurale (servi e coloni), che lavorava nei campi annessi alle villae dei pochi aristocratici rimasti, era concentrata nelle campagne.

Sul piano urbanistico ci furono dei cambiamenti dopo la costituzione del municipium e la riorganizzazione politico-istituzionale: all’arx si accedeva tramite un ingresso monumentale (porta urbica), e l’arx fu dotata di un complesso termale, di un anfiteatro per gli spettacoli circensi, di un foro funzionale e ben articolato, di iscrizioni pubbliche e private, spesso celebrative delle elargizioni munifiche da parte dei patroni locali.