La storia del luogo

La Compsa romana: la testimonianza di Cicerone

Il nome di Compsa emerge in un noto episodio a proposito di un atto illegale del propretore C. Licinio Verre durante la sua amministrazione della provincia di Sicilia tra il 73 ed 71 a. C.

L’episodio è riportato nella actio secunda in Verrem di Cicerone; il protagonista è un P. Gavius, municeps Consanus (Cic. Verr. 2, 5, 158-170), noto tra i negotiatores attivi in Sicilia, dove viene arrestato e fatto uccidere da Verre senza regolare processo, con l’accusa di essere una spia di Spartaco. Effettivamente il campo dei seguaci di Spartaco, secondo la tradizione antica, era posto alle sorgenti del Sele.

P. Gavius non è altrimenti ricordato. Il nome ci riporta con una certa sicurezza ad un ambito italico e il fatto che Cicerone riferisca che egli avesse combattuto nelle fila dell’esercito romano ci fa pensare ad una sua appartenenza allo schieramento di Silla e che avesse recentemente ottenuto la cittadinanza romana. In ogni modo, la testimonianza di Cicerone, oltre a restituirci il nome di un cittadino conzano, ci conferma che già in questi anni Compsa era strutturata come municipium romano, che i municipi godevano del pieno diritto di cittadinanza e avevano una certa autonomia (in cambio, ovviamente, di obblighi politico-militari verso Roma).

Nel nostro territorio i municipi erano 4: Aeclanum, Aquilonia, Abellinum, Compsa, una sorta di quadrilatero che contenesse la fiera tribù degli Irpini (ormai Romani). Attraverso le sue magnifiche tecniche oratorie utilizzate per suscitare pietà da parte dei giudici, Cicerone si sofferma sui particolari più dolorosi e pietosi, che vanno dalle percosse inflitte a Gavio, nonostante il misero gridasse “civis Romanus sum”, alle torture che anticipano il supplizio finale, ovvero la crocifissione. 

Nam quid ego de P. Gavio, Consano municipe dicam, iudices, aut qua vi vocis, qua gravitate verborum, quo dolore animi dicam.
E adesso io, o giudici, che cosa potrei dire del caso di Publio Gavio, cittadino del municipio di Compsa, o con quale potenza nella mia voce, con quale solennità nelle mie parole, con quale viva commozione della mia anima mi dovrei esprimere.